Quando parlo del sacro, mi riferisco sempre a qualcosa di immanente, che ci scorre accanto, davanti, dietro, dentro, tutto intorno.
A volte ci vuole del tempo, per portarci in quel flusso che sa riconoscerlo.
Ce ne vuole per scandagliarlo, per seguirne le mappe, per scovarne, come un rabdomante, le sorgenti, i corsi, le anime di linfa.
Ma arriva sempre un momento in cui quella ricerca stringe la sua alleanza con la pelle, le mani, con i tuoi gesti, i passi.
In cui aderisce a quello che vivi intimamente, restituisce sapore e significato al tuo esserci, si riversa nelle vene e rimescola l’espressione, per disegnarne gli accenti, gli antichi ritmi, le direzioni.
Quello è il momento in cui quella sacralità diventa sacra per te.
In cui risponde a qualcosa di vitale e imprescindibile e cominci, in un modo o nell’altro, a FARE IL SACRO.
Dove ti chiedi in che modo tu, proprio tu, possa praticarlo.
Cosa sappia alimentarlo e rischiari la visione, al suo passaggio.
Cosa ti insegni a ricostruirne i templi, i rituali, gli ascolti, gli spazi di respiro.
Cosa ti mostri come camminarne i sentieri e riplasmarne le forme, pur rispettandone le origini e le ancestrali madri.
Riattizzato quel fuoco, non puoi far altro che prenderti cura del tuo braciere.
Non importa quanto alta sia la fiamma, tu ti assicurerai che non si spenga.
La custodirai come il più prezioso dei talismani.
Come il principio di ogni tuo incantesimo.
Ne berrai le visioni, per poi tradurle in azioni.
Ne riceverai le ispirazioni, per poi innamorarti delle sue figure cangianti.
Ne concimerai i richiami, per poi abitarne le morbide o feroci danze.
E ne pronuncerai le formule, per affidarle alle tue radici e alle stelle dei venti.
E tu che relazioni hai con il sacro?
E in che modo si manifesta attraverso di te?
Ti leggo…
Chandani Alesiani ~ il Tempio della Sibilla
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