Non esiste una stagione che mi parli in modo più evocativo del cambiamento dell’autunno.
E non si limita a presagirlo ma anzi lo prepara, lo concretizza, te lo offre spavaldo e necessario per quanto celato sotto un velo di sensuale e nutriente morbidezza.

Amiamo spesso parlare di ciclicità ma quando si tratta di lasciare andare, bariamo e giriamo la testa dall’altra parte o imploriamo di poter aspettare il prossimo turno.
Come quando da bambina eviti lo strappo del cerotto, per paura che faccia più male della ferita che sta proteggendo.

Mi spiace spezzare l’idillio ma se pensi di saltare questa parte dove impari a perdere vecchi pezzi di pelle, a togliere volume al dolore e strati ai condizionamenti, dove ti fai domande alle quali rispondere in modo implacabile e onesto e fai scelte nella consapevolezza di quanto necessario sia il cambiamento, nessun risveglio sarà mai davvero autentico né tantomeno completo.

Perché per risvegliarti, devi prima comprendere cosa in te quel risveglio lo teme e perché.
Per ricominciare a sentire, devi chiederti cosa ne anestetizza il flusso e il movimento.
Per provare piacere, devi raggiungere quei luoghi della memoria dove hai creduto che fosse sporco e sbagliato.
Per esprimere la potenza della tua sessualità, devi riconoscere cosa non ti permette di respirarne la sacralità e la naturalezza.
Per riappropriarti del tuo corpo, devi ripercorrere tutti i punti dove lo hai demonizzato e non hai sfamato l’amore.

Testo e foto : Chandani Alesiani